Whisky Tour in Scozia

Il suo attuale “ri-successo” lo deve anche a celebri serie televisive, come Mad Men: Don Draper e i creativi della Madison Avenue non possono farne a meno, dall’alba al tramonto, sorseggiato da solo in ufficio o, alla sera, aggiunto a noti cocktail come l’Old Fashioned. In Grey’s Anatomy, il compianto Mark Sloan lo usava come termine di paragone per descrivere chi fosse per lui una vera donna. E se il whisky vive una nuova vita, che ne dite di partire per la Scozia, per assaporarne lo spirito autentico?

In questa piccola e affascinante terra si concentrano ben 118 distillerie, di cui 96 attive, che producono circa un terzo del whisky di tutto il mondo. Ed è qui, dove il cielo e i prati sembrano quasi toccarsi e il vento profuma di erica, di malto e di torba, che sono nati e continuano a essere prodotti alcuni tra i più noti e apprezzati single malt.

La testimonianza più antica del termine whisky (storpiatura inglese del gaelico uisge beata o usquebaugh, che significa acquavite) risale a un manoscritto dell’8 agosto 1494, dove si legge che il frate John Cor, in possesso di abbondanti quantità di malto, lo avrebbe utilizzato per produrre acquavite. Per tutto il XVI secolo la produzione di distillati rimase casalinga; solo nel 1644, quando il parlamento scozzese sancì la prima tassazione sui proventi dell’acquavite, la produzione divenne ufficiale. La richiesta di whisky, soprattutto dopo l’unione politica di Scozia e Inghilterra, aumentò rapidamente e, per proteggere il proprio prodotto, la Commissione Reale, tra il 1907 e il 1908, applicò il denominativo scotch whisky a tutti i whisky della regione: di malto, di cereali o blended.

Il single malt

Attraverso un procedimento relativamente semplice, che utilizza esclusivamente orzo, acqua (fondamentale, tanto che ogni distilleria è dotata di una propria sorgente) e lievito, nasce il mondo variegato e complesso dei single malt. Ciascuno è caratterizzato da una precisa identità, per la qualità delle materie prime e l’abilità di chi sa lavorarle con pazienza e attenzione attraverso cinque fasi: la maltazione, la macerazione, la fermentazione, la distillazione e l’invecchiamento. Gli elementi determinanti che influiscono sul carattere finale dei single malt sono: gli alambicchi, di rame e di forme diverse; il clima e le botti, che influiscono sul colore, il gusto e l’aroma del distillato a seconda del legno, dell’età e del precedente impiego (di solito vengono utilizzate botti da bourbon o sherry, in legno di quercia di almeno 100 anni). La torba, infine, combustibile organico tipico del terreno scozzese utilizzato nel processo di essiccazione del malto, conferisce al single malt quelle tipiche note di affumicato, distintive e decise.

Il rituale della degustazione

La degustazione del whisky è un autentico rito da compiere con lentezza, coinvolgendo vista, olfatto e gusto, e utilizzando i giusti strumenti. Il bicchiere deve essere ampio alla base e stretto in cima per trattenere i profumi. Perfetto un bicchiere a tulipano, un baloon da brandy o un bicchiere da sherry. La degustazione va accompagnata da acqua fresca e non gasata che, aggiunta al single malt, ne risveglia gli aromi. A questo punto, scatenate i sensi.

Il colore va sottoposto a un’attenta lettura: può variare dal giallo paglierino al liquirizia – dipende dalle botti in cui il malto è maturato – e dal periodo di invecchiamento (toni più chiari suggeriscono una maturazione in botti da bourbon, toni più scuri da sherry). Per valutare il corpo di un single malt è necessario, invece, ruotarlo nel bicchiere e osservare il comportamento delle bollicine sul bordo (segno della presenza di oli che permettono all’aroma di stabilizzarsi), la loro forma, la loro dimensione e il tempo necessario perché scompaiano.

L’olfatto è, invece, il più importante fra i sensi coinvolti, perché fa scoprire le note affumicate di torba, il profumo del mare o la dolcezza della vaniglia. Chi preferisce aggiungere un goccio d’acqua dovrà farlo molto lentamente e potrà osservare le bollicine che, aprendosi, svilupperanno nuove fragranze. Ma attenzione: quando odorate, tenete la bocca leggermente aperta per “sentire” meglio il whisky.

A questo punto, si passa all’assaggio. Al primo sorso bisogna valutare la sensazione di pienezza, di calore, di pesantezza. Al secondo, se prevale dolcezza o salato. Infine, l’asprezza, vale a dire la cremosità o il secco. Per quanto riguarda la persistenza gustativa, il single malt è in genere tanto più apprezzabile, quanto più a lungo ne permane il gusto.

Con cosa abbinare i single malt? In Scozia a piatti della cucina locale, forti e decisi. Altrove vige una regola di base: cibi e preparazioni culinarie devono essere genuini, autentici, ricchi di una loro storia e tradizione, proprio come lo sono i single malt. Il pesce affumicato, ad esempio, può risultare perfetto con un Talisker. Due accorgimenti, invece, sono da tenere presenti quando si pasteggia con lo scotch whisky: meglio evitare l’aceto nei condimenti e nella preparazione dei piatti, e, in una cena a più portate, è bene iniziare dai whisky più leggeri e procedere via via con quelli a gradazione più elevata.

Le distillerie da visitare

Due sono quelle da non perdere: Cardhu e Talisker. Costruita su un podere conosciuto come Cardow, in gaelico “roccia nera”, la distilleria Cardhu sorge in una piccola città sul fiume Spey. La sua storia ha inizio quando John Cumming, intraprendente agricoltore, prese in affitto il podere e iniziò la distillazione clandestina per sfruttare le eccedenze della produzione di orzo. Dopo tre condanne, nel 1824 Cumming acquistò una licenza e l’attività divenne fiorente. Alla sua morte, nel 1893, la moglie vendette l’azienda alla John Walker and Son a condizione che il figlio continuasse a dirigerla, a garanzia della tradizionale lavorazione del malto di famiglia. Il successo fu tale che, nel 1960, per tenere il passo della produzione, Cardhu fu dotata di sei nuovi alambicchi.

Talisker, invece, è l’unica distilleria della romantica, tenebrosa e suggestiva isola di Skye. Il suo nome prende origine da una fattoria situata nei pressi del villaggio di Carbost, avviata nel 1825 dai fratelli Hugh e Kenneth MacAskill. Le parole di Robert Louis Stevenson contribuirono in misura importante alla notorietà della distilleria, quando lo scrittore menzionò l’elisir nel poema The Scotsman’s Return from Abroad, pubblicato nel 1880. Dopo la morte dei fratelli, Talisker fu acquistata da Grigor Allan e Roderick Kemp, mercanti di vini e alcolici, e il successo del whisky rese necessario costruire un molo, una linea tranviaria e case per i dipendenti sempre più numerosi. Immersa in un paesaggio spettacolare, in riva al mare, Talisker dà vita da oltre 175 anni a un single malt intenso e di grande carattere, profondamente torbato; la sua latitudine (la stessa dell’Alaska) rende il suo gusto ancora più deciso.

pezzo scritto e pubblicato in esclusiva su Il Giornale, ph ufficio stampa 

Margherita Tizzi

Giornalista, scrive su Vogue Italia, Amica e Grazia. È co-founder di Eccetera, studio specializzato nella creazione di progetti editoriali su misura, online e offline. E, dal 2013, su questo webzine racconta storie di luoghi, di fatto a mano e made in Italy, di cultura, arte e lifestyle.

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