Cinque donne fotografe da conoscere

Il mondo dell’arte, come molti altri, è storicamente dominato da personaggi maschili. In fotografia, però, sono numerose le donne che si sono distinte per la loro creatività e capacità di emozionare. Abbiamo già parlato della mitica Vivian Maier, la tata di Chicago il cui talento fotografico venne alla luce solo dopo la sua scomparsa, ma sono tantissime le reporter la cui fama è giunta fino a noi. Da Gerda Taro a Dorothea Lange, ecco cinque fotografe da conoscere.

Julia Margaret Cameron

Nata a Calcutta nel 1815, figlia di un ufficiale della East India Company e di un’aristocratica francese, scoprì la fotografia quando aveva quasi cinquant’anni, grazie a un regalo della figlia. Specializzata in ritratti, nel suo studio (ricavato in un ex pollaio) metteva in posa i soggetti in maniera teatrale, una caratteristica che contribuì a classificarla tra i primi esponenti della cosiddetta staged photography. Non solo. La sua particolare tecnica di ritratto leggermente fuori fuoco conferiva un’aura misteriosa ed eterea a tutti i suoi protagonisti, altro tratto distintivo che la portò nel giro di pochi anni ad affermarsi come una delle fotografe più apprezzate nella Londra vittoriana. Tra gli intellettuali dell’epoca,sfilarono davanti al suo obiettivo Charles Darwin, Alfred Tennyson e Robert Browning. Dovette però rinunciare alla sua passione dopo pochi anni di attività, nel 1875, quando il suo trasferimento a Ceylon le impedì di procurarsi con continuità il materiale fotografico.

Beatrice, 1866 Julia Margaret Cameron
Beatrice (1866), Julia Margaret Cameron

Dorothea Lange

Dorothea Margaretta Nutzhorn (il cognome Lange lo acquisì dalla madre) nacque a Hoboken, New Jersey, nel 1895, ma la sua vita si svolse soprattutto a San Francisco, dove approdò da giovane. Determinata a studiare fotografia, pur essendo affetta da un handicap a una gamba causato da una poliomelite, frequentò la Columbia University di New York con Clarence H. White, collaborando al contempo con diversi studi. Dopo un viaggio intorno al mondo, nel 1918 si stabilì in California. Distaccatasi ben presto dalla fotografia pittorialista, di moda in quel periodo, preferì concentrarsi su uno stile neutro e documentaristico, ritraendo la vita dura delle classi popolari americane, tra disoccupati, senzatetto e contadini. Tra i suoi scatti più importanti, La madre migrante, ritratto di una donna madre di sette figli, immortalata nel 1936 dalle parti di un campo di piselli ed entrata a pieno titolo tra le icone della fotografia. Devota alla verità e alla fotografia come strumento di testimonianza sociale, la Lange collaborò con la War Relocation Agency di San Francisco e l’Office of War Information, portando la forte testimonianza dell’impatto del secondo conflitto mondiale sulla società americana. Nel 1947 collaborò alla nascita dell’agenzia Magnum.

Migrant Mother, California,1936 dorothea lange madre migrante
Migrant Mother, California (1936), Dorothea Lange

Gerda Taro

Il suo nome è inevitabilmente legato a quello di Robert Capa, compagno di vita, lotta e fotografia, ma la Taro è nota anche per essere stata la prima fotoreporter di guerra scomparsa sul campo, a soli 27 anni, uccisa da un carro armato durante la guerra civile spagnola, nel 1937. Al secolo Gerda Pohorylle, nata a Stoccarda da una famiglia di ebrei polacchi, entrò da giovanissima a far parte dei movimenti socialisti, scampando il carcere dopo essere stata arrestata per volantinaggio antinazista a Lipsia, dove era andata a studiare. L’incontro con l’ungherese André Friedmann, che oggi tutti noi conosciamo come Robert Capa (fu lei a inventare gli pseudonimi per entrambi) avvenne a Parigi. Lui le insegnò tutto ciò che sapeva sulla fotografia e, ben presto, Gerda non aveva nulla da invidiargli in quanto a doti fotografiche. Insieme decisero di seguire sul campo gli sviluppi della guerra in Spagna. Lui doveva essere lì quando lei morì e pare che non si riprese mai dalla perdita. Lei, invece, pur ferita gravemente, lottò per una notte intera per la sua vita, preoccupandosi soltanto che le sue macchine fotografiche non si fossero rotte. Oggi viene ricordata come una delle più grandi fotografe di sempre e la sua storia è raccolta in un romanzo uscito di recente, La ragazza con la Leica, di Helena Janeczek (edizioni Guanda).

War orphan eating soup, Madrid (1936/1937), Gerda Taro
War orphan eating soup, Madrid (1936/1937), Gerda Taro

Letizia Battaglia

Non poteva mancare una italiana nella lista di fotografe da conoscere: Letizia Battaglia, siciliana, classe 1935, è nota soprattutto per la sua attività di documentazione delle scene dei delitti di mafia, durante gli anni di piombo a Palermo, che contribuì a portare l’attenzione e a denunciare l’atrocità di quegli eventi. Ma Battaglia non è stata solo “la fotografa della mafia”: le sue foto, spesso in bianco e nero, raffigurano la città di Palermo nelle sue varie sfaccettature, le tradizioni, i quartieri, le strade, gli sguardi – soprattutto di donne e bambini, la miseria della vita quotidiana e lo splendore delle architetture, insieme ai volti e ai rapporti del potere.

Letizia Battaglia- La bambina con il pallone, quartiere la Cala. Palermo, 1980
La bambina con il pallone, quartiere la Cala. Palermo (1980), Letizia Battaglia

Diane Arbus

Nata nel 1923 a New York e di origini russe (il cognome da ragazza fu Nemerov), la Arbus è riconosciuta come l’artista dei “freaks”, per via della sua passione per i personaggi più strambi della società. L’artista, allieva di un’altra grande della fotografia, Lisette Model, amava ritrarre gli esseri umani nella loro diversità, evidenziando come questi strani soggetti si sentissero perfettamente a proprio agio nei loro panni, ponendo invece in uno stato di inquietudine lo spettatore. Tra le sue fotografie più note, Child with Toy Hand Grenade in Central Park, ritratto di un bambino che, con la testa piegata, un’espressione strana in volto e le braccia innaturalmente tese lungo i fianchi, stringe tra le mani una granata giocattolo; Identical Twins, raffigurante due sorelle gemelle, Cathleen and Colleen Wade, uguali sotto ogni punto di vista tranne che per l’espressione, una triste e l’altra felice; e Jewish Giant at Home with His Parents in The Bronx, che ritrae Eddie Carmel, un uomo affetto da gigantismo e impiegato in un circo, con cui la Arbus aveva stretto una forte amicizia.

Child with Toy Hand Grenade in Central Park, Diane Arbus
Child with Toy Hand Grenade in Central Park (1962), Diane Arbus
Irene Dominioni

Cresciuta nella foresta di libri della sua casa milanese, Irene ha inseguito la passione per il giornalismo in Danimarca e in Olanda, grazie al master Erasmus Mundus Journalism, Media and Globalisation. Su Moda a Colazione scrive di cultura e viaggi.

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