Chinotto di Liguria: miti, riti e origini di un frutto prezioso

Ha leggendarie origini orientali, ma è ligure da secoli. Amaro e dolce al tempo stesso, è l’ingrediente di delizie di pasticceria e irresistibili bevande amaricanti. Conosciuto in tutto il mondo, è un’eccellenza di nicchia, tanto da diventare presidio slow food di un piccolo tratto di costa, quello tra Savona e Varazze. Il chinotto è un agrume raro con tante storie da raccontare…

In piena Belle Époque, ad esempio, nei caffè eleganti lungo la costa italo-francese, era di gran moda gustare chinottini color smeraldo immersi nel maraschino, pescandoli da panciuti vasi di maiolica Art Nouveau. Un rito voluttuoso per provare una specialità che si preparava solo a Savona, “la città dei chinotti” da metà del XIX secolo. Nei giardini delle ville di questo angolo di Liguria, gli alberelli di chinotto, carichi di fiori profumati e di frutti di un verde intenso e via via di un arancio sempre più brillante, erano ricercati per il loro fascino ornamentale ed esotico.

Pare, infatti, che l’arbusto fosse sbarcato dalla lontana Cina nel porto di Savona già attorno al 1500, da qui la denominazione “chinotto” o “chinottino”. Secondo altre ipotesi, la pianta sarebbe autoctona del bacino mediterraneo e nel microclima della riviera di ponente ha trovato l’habitat ideale, dando il meglio delle sue proprietà organolettiche: succosità della polpa e intensità degli aromi. Tanto che un’azienda pasticciera d’oltralpe si trasferì qui, nel 1877, per l’eccezionale qualità della materia prima, importando l’usanza di preparare i chinotti canditi. I laboratori artigiani di Savona e dintorni appresero la tecnica francese, la fecero diventare un’eccellenza locale e fondarono la Società Cooperativa dei chinotti, per la coltivazione, trasformazione e distribuzione dei frutti.

A Savona e dintorni fino a trent’anni fa, soprattutto nelle fredde giornate d’inverno, c’era ancora l’abitudine di accompagnare l’espresso del bar con un chinotto dalla scorza verde smeraldo immerso nel liquore. Come l’uso di concludere il pranzo di Natale con i chinotti canditi, per le virtù digestive. Densa di ricordi è anche la bibita analcolica preparata con estratto o infuso di chinotto, che si affaccia sul mercato italiano attorno al 1930. Amara, dissetante, alternativa alle bevande gasate estere e diffusissima negli anni ‘60 e ‘70, torna oggi come drink di tendenza. 

Appunti botanici

In una manciata di poco più di dieci poderi, in giardini e terrazzamenti di pietra a picco sul mare, vengono coltivati gli arbusti. I frutti, rari e di qualità altissima, sono raccolti ancora acerbi e messi in salamoia per almeno tre settimane. Poi vengono torniti a mano, in modo da rimuovere in parte la scorza e smussare così la punta di amaro in eccesso. Lasciati nuovamente in salamoia, una volta pronti per la conciatura sono sottoposti a più bolliture in sciroppi dolci a crescente concentrazione, infine immersi nel liquore, oppure canditi. Per la produzione di squisite marmellate e mostarde, il frutto viene raccolto quando è ormai maturo e la scorza diventa di un bell’arancio intenso.

Un viaggio inedito

Sulla scia delle note pungenti e aromatiche del chinotto, tra Savona, Varazze e Finale Ligure, si possono scoprire angoli meravigliosi: scorci, viste sul mare, borghi ricchi di gioielli architettonici immersi in paesaggi selvaggi. Come Finalborgo, intrico di carruggi e case antiche, avvolto da pareti di roccia e vasti boschi di querce e castagni. Campi di chinotto si trovano anche vicino a Pietra Ligure, borgo marinaro dove si alternano architetture rinascimentali e palazzi medievali e settecenteschi, e dove ci si imbatte in prodotti unici come il gelato al chinotto. E alle spalle di Varazze è possibile esplorare un’oasi della biodiversità come il Parco della Beigua, la più vasta area naturale protetta della Liguria e Geoparco Globale dell’Unesco.

Da qui nasce Chinotto di Liguria, la nuova fragranza di Acqua di Parma, pura energia accesa dalle note dolci amare del chinotto Cytrus Aurantium e dalle note frizzanti del mandarino. Il cuore della fragranza fiorisce di gelsomino e geranio, rinfrescandosi con le note dinamiche e vibranti del cardamomo e rosmarino. E nel fondo sopraggiungono il silenzio e la pace del patchouli e del musk.

 

ph ufficio stampa 

Margherita Tizzi

Giornalista, scrive su Vogue Italia, Amica e Grazia. È co-founder di Eccetera, studio specializzato nella creazione di progetti editoriali su misura, online e offline. E, dal 2013, su questo webzine racconta storie di luoghi, di fatto a mano e made in Italy, di cultura, arte e lifestyle.

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